La Shoah e la cultura visuale

Autore: Minuz Andrea
EditoreBulzoni
Prezzo: 22  euro
Pagine: 222
Anno: 2010

L’esperienza di smarrimento proposta al visitatore del «Monumento agli ebrei d’Europa assassinati» collocato nel cuore di Berlino, e l’incontro emozionale con la memoria della Shoah raccontata nel «Museo dell’Olocausto» del Washington Mall.

Opere controverse come il «Lego Concentration Camp» e poi ancora fumetti, installazioni, web-art e naturalmente il cinema, dalle testimonianze raccolte da Claude Lanzmann in Shoah all’epica di Schindler’s List.

Questi sono solo alcuni tra i registri narrativi e i segni controversi che compongono un universo dai confini sempre più incerti.

Un serbatoio di immagini e storie in cui la memoria culturale della Shoah si intreccia con l’orizzonte della cultura visuale, per trovare nelle forme dell’esperienza filmica uno dei suoi nodi centrali.

Tuttavia la possibilità di “educare alla memoria” anche attraverso il cinema, come da più parti si sostiene, passa almeno per una doppia capacità; da un lato, quella di riconoscere i codici estetici e produttivi impiegati, e, dall’altro, di interrogarsi su come e perché alcuni frammenti di questo immaginario siano entrati a far parte della nostra memoria, costituendosi come un altro archivio che si affianca alla conservazione dei documenti e delle testimonianze.

Quel male assoluto che, secondo la popolare provocazione di Adorno, doveva “vietare” l’arte o quantomeno costringerla a interrogarsi radicalmente sui propri presupposti, è insomma diventato uno degli ultimi grandi racconti rimasti, un’epica negativa che mobilita tutte le forme della nostra cultura.

A quali bisogni risponde questo fenomeno? E come tenere distinti, o intrecciare opportunamente, l’archivio, la memoria e l’immaginario?

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